#ERA ORA
Perché, prima o poi, arriva la resa dei conti. I nodi sono talmente fitti che per districarli si fa prima a tagliarli. Di netto. All'improvviso, dopo innumerevoli segnali inascoltati, il nodo diventa un cappio. Lo sanno bene Dante (Edoardo Leo) e Alice (Barbara Ronchi), protagonisti di Era ora. Si amano, ma potrebbe non bastare: lei, sognatrice, lui, preso dal lavoro. Poi l'inaspettato: il girono dopo aver compiuto quarant'anni, Dante viene catapultato in avanti di un anno, risvegliandosi nel giorno del suo quarantunesimo compleanno. Resta bloccato in un loop temporale: un anno in un giorno, un giorno in un anno. La sua vita cambia, inesorabilmente, e senza che lui possa controllarla. Un cortocircuito, la perdita della certezza, il tempo che dimostra la sua inesorabile supremazia. Dante, sperduto in una vita senza più direzione, ed Alice, che invece sente il peso di ogni secondo perso dietro una relazione ormai sfilacciata. Ma nulla è perduto: la centrifuga in cui finirà Dante lo aiuterà, tramite terapia d'urto, a far sì che possa riprendere contatto con una realtà che aveva perso di vista, ristabilendo equilibrio e prospettive.
In un loop temporale
Insomma, lo avrete capito: Era ora ci è piaciuto. Le sfumature fantasy sono funzionali, dosate e organizzate in modo tale che non prendano mai il posto delle emozioni, senza stridere nell'economia generale, sospesa tra favola e realtà. Del resto, sullo sfondo è forte il simbolismo del cambiamento. Non vogliamo azzardare paragoni scomodi ma Edoardo Leo, nel film di Aronadio, segue quasi la stessa parabola di Bill Murray in Ricomincio da capo: il giorno della Marmotta, entrato nel nostro lessico grazie al film cult di Harold Ramis, sarà per Era ora l'equazione che porta all'evoluzione finale, in un incastro temporale che pesa sui protagonisti. Perché sia Dante che Alice sono bloccati in una dimensione che non sanno gestire. Qui, la puntualità della sceneggiatura, scritta da Alessandro Aronadio con Renato Sannio, che non annoia nonostante lo schema si ovviamente ripetitivo (pur mutevole, come dimostrano i personaggi di contorno o la casa), sfrutta a dovere l'intesa tra Edoardo Leo e Barbara Ronchi (che fa della raffinatezza la sua dote più grande), in modo tale che venga rispettato il tono da commedia, essenziale per arrivare il più lontano possibile (e la distribuzione streaming via Netflix dà un'ulteriore spinta).
Del resto, Era ora è un film che parla semplice e parla chiaro: il tempo non torna, sta a noi accettarlo e assecondarlo (quando possibile), evitando che diventi un agguerrito nemico. Di conseguenza, capire che l'orologio non è universale, ma individuale e unico. Tempo, individualità, amore, rimorsi, intelligenza. Ma anche qualche salto di troppo e una fisiologica stanchezza nella parte centrale del film, tenuto comunque vivo da una certa curiosità divertita e divertente. Dunque, tra l'alchimia dei protagonisti all'originalità dell'approccio, Era ora, sviluppato seguendo sfumature tanto pop quanto melò, grazie alle sferzate di una forte impronta fantastica ci tiene sospesi in un andirivieni temporale decisamente (in)credibile. Catturando l'attenzione.


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