#BLANCO..MINA/IL RITORNO



 


Per scattare la foto di copertina di Innamorato, il nuovo album appena uscito, Blanco è volato in Bolivia, e lì ha ritrovato qualcosa che pensava di aver perso per sempre: la normalità. «Andavo in giro per mercatini, facevo cose semplici che non posso più fare: ero gasatissimo», racconta seduto in una stanza d'albergo a Napoli, dove tra poco si esibirà a sorpresa in una serenata per le strade del centro. Le «cose semplici» non può più farle da quando da sconosciuto, nel giro di un anno, è diventato il cantante dei record e vincitore di Sanremo 2022, una rivoluzione che gli è toccata in sorte a soli 19 anni. Nella breve carriera di Riccardo Fabbriconi c'è già stata anche una prima caduta: lo scandalo per la scena di lui che, in diretta al Festival, distrugge la scenografia di rose sul palco.

Oggi è il momento della prova più difficile, quella del secondo album, dopo l'esordio fulminante di Blu Celeste. A tenere insieme Innamorato c'è un'idea larga dell'amore - per la fidanzata, per la famiglia, per sé e per gli altri, per la musica -, dentro c'è la sua vita dissestata dal successo e dalla fama, ma anche i postumi mediatici di una relazione finita (la canzone si intitola Giulia), una certa filosofia di vita (Vada come vada), e un duetto eccellente, con Mina, in** Un briciolo di allegria**.

Conosceva già Mina?
«Sì, sono giovane, ma per me lei è sempre stata un idolo. Se no, non avrei mai fatto una collaborazione, io voglio collaborare solo con persone con cui sento qualcosa di forte».

Com'è nata la collaborazione?
«Eravamo in Universal (la casa discografica, ndr), io avevo questo brano che non mi piaceva molto, anzi: mi faceva cagare. Però quelli del mio staff dicevano che era bella e di solito le hit le azzeccano loro, non io. Mi chiedono: con chi vorresti fare il duetto? Io sparo a caso: Mina. Mi mandano tutti a quel paese tranne una persona che scrive una mail a Mina. Dopo un po' le mandiamo le tracce, lei risponde e io non posso crederci. Lei poi è stata perfetta, non so come faccia».

Vi siete conosciuti?
«No, sono andato a Lugano ma non l'ho mai vista. In realtà meglio così, per assurdo. Quando conosci i tuoi idoli un po’ ti cascano perché capisci che sono persone normali. Invece lei nella mia testa resterà una cosa che non esiste».

La mia famiglia è una canzone in cui parla senza filtri del successo e del bisogno di rifugiarsi nella famiglia. Quando lo avverte?
«In realtà sempre».

Nell'album racconta il lato oscuro del successo.
«È che a me piacciono le cose semplici e soffro del fatto che oggi riesco a farle di meno. In Bolivia mi sono ricordato di come vivevo prima, un po’ più punk. Perché quando ti abitui a stare nella tua bolla, sei staccato dalla realtà. E solo quando ti riconnetti capisci. Mi piace dove sono, ringrazio tutti, ma è tutto più difficile. I soldi poi ti levano i vizi, ma non ti portano la felicità».

Lo sapeva già o lo ha scoperto?
«L’ho scoperto, prima non lo sapevo».

Fino a quanto è disposto a pagare il successo?
«Io voglio portare la mia musica a più persone possibili, ma se questo non dovesse portarmi la felicità no. Se mi dicessero: scegli, musica a tutto il mondo ma niente felicità, o felicità e niente musica, direi felicità».

C'è un pezzo che si intitola Anima tomentata: si sente così?
«Se avessi potuto fare successo senza rotture sarebbe stato incredibile».

Quali rotture?
«Piccole cose. Per esempio arrivare a spiegare che fare Sanremo non vuol dire cantare tre minuti: devi prepararti un sacco. E io sui social non ho voglia di spiegare. Voglio vivermi la vita e basta. E poi cose nel quotidiano, tipo che ti fermano per strada e ti fanno i video di nascosto, così se dici una parola sbagliata sei finito».

Che riflessioni ha fatto a due mesi dalla distruzione delle rose sul palco di Sanremo?
«La cosa veramente brutta non è stata quella dei calci alle rose. Ma il fatto che loro – tanti di loro, escluso Amadeus, che è stato buono - hanno giocato su questo incidente che ha fatto una hype incredibile a Sanremo. Hanno pensato di più a buttare merda su un ragazzo di vent'anni. Però intanto hanno intanto mangiato su questa cosa».

Subito dopo Sanremo ha scritto una canzone, Sbagli, in cui rifletteva su quel che era successo.
«Ho scritto Sbagli per chiedere scusa alle persone che si sono offese. Ma alla fine la verità è che in tv non puoi essere te stesso, non è che possiamo prenderci per il culo. Se uno mi dice: hai creato danni morali alle persone, io rispondo solo ma cosa diciamo? Era uscita la notizia che potevo andare in carcere da uno a cinque anni (si riferisce all'indagine della Procura di Imperia con l’accusa di danneggiamento, con il rischio di essere punito con la reclusione da uno a cinque anni, ndr). Alla fine se succedesse davvero questa cosa, sarei contento perché almeno la gente vede quanto siamo indietro su questa cosa politicamente. Una roba assurda».

Ci spiega una volta per tutte cos'è successo?
«Già alle prove avevo segnalato questo problema dell'audio nelle cuffie e mi avevano detto che sarebbe stato risolto la sera stessa. Prima ho cantato Brividi e tutto era più o meno normale, anche se all’inizio sentivo qualcosa di strano. Appena è partita L’isola delle rose, ho sentito un rumore, così ho tolto la cuffia. Ho guardato per chiedere aiuto, poi me la sono rimessa. Poi ho detto: non sento la voce, cosa che loro non hanno riportato perché sono dei paraculi. Anzi, mi hanno detto: vai avanti. Loro ti dicono: basta che alzi la mano e si rifà. Non è vero, ci sono i tempi televisivi, tante cose. È una stronzata. Ovviamente mi sono incazzato, mi è partita la brocca. Era già previsto che spaccassi le rose nella mia esibizione, ma non così, poi è scivolata di mano la situazione».

L'istinto c'è anche in questo album.
«Innamorato, rispetto a Blu celeste è più maturo a livello di scrittura. Blu celeste è un punto fermo, questo lo vedo come un disco di transizione, non è quello che volevo fare realmente, è quello che volevo far uscire adesso. So che fra tre anni non mi rispecchierà più. Invece Blu celeste mi rappresenterà per sempre».

Lacrime di piombo è una canzone importante, il tema è la paura e il dolore. Da dove nasce?
«Da un trip che mi ero fatto: mi ero immaginato di essere abbandonato da una persona che amo».

È successo?
«No, in realtà sono più io che abbandono. È che non riesco a stare solo, ho una grandissima paura della solitudine. Infatti sto sempre circondato da persone».

C'è una canzone dedicata alla sua ex Giulia Lisioli che si intitola proprio Giulia. Canta: «Ma che casino hai fatto?». Che casino ha fatto?
«Quando ci siamo mollati, tanti giornalisti l’hanno chiamata per fare interviste e le hanno messo parole in bocca che non erano vere. E lei poi si è dovuta spiegare. Ma ovviamente lei non sapeva come comportarsi con la stampa, devi essere paracula, ma se non lo sai vai dritta. Per questo canto: ma che casino hai fatto?».

Giulia sa della canzone?
«No, non l’ha ancora sentita. Ma non è una lettera d’amore, racconta una parte del passato».

All’inizio del disco canta i suoi dubbi su Dio.
«Sono i miei trip. Io sono mega scaramantico».

Per esempio?
«Ora non lo faccio più, ma in passato prima di andare a dormire andavo alla finestra e dicevo nove volte no, perché quella per me era la finestra della negatività. Oppure, per svegliarmi positivo do tre baci al lago dalla finestra».

Che rapporto ha con la fede?
«Ho tutta una fede mia nella testa. Credo in qualcosa di superiore, ma non nel cristianesimo».

Quanti compromessi ha fatto con la spontaneità nell'industria discografica?
«Neanche uno. Non me ne frega niente. Se non voglio fare una cosa non la faccio. Ho detto no a delle collaborazioni. La cosa difficile in Italia è che se fai una cosa troppo diversa dallo standard non vieni capito. La hit deve avere un ritornello super aperto, il bridge emozionante…».

Questo la frena?
«No, ma alcune cose non le faccio perché bisogna andare avanti con gradualità, altrimenti non risulto credibile. Per esempio, a me piace il reggaeton, ma non posso mettermi a farlo così. Mi piace sperimentare ma deve essere tutto graduale».

In estate farà per la prima volta due date negli stadi: all'Olimpico il 4 luglio, a San Siro il 20. Come si sta preparando?
«In realtà non abbiamo ancora iniziato. Adesso penso prima al disco».

Per il disco sta facendo delle serenate in giro per l'Italia. Lei ne ha mai fatta una a una ragazza?
«Sì, una volta a Sirmione con un mio amico che voleva provarci con delle tipe tedesche. Loro stavano su balconcino, noi abbiamo preso una chitarra da un ristorante e ci siamo messi a cantare Abbronzatissima».

E com'è finita con le ragazze?
«Per il mio amico bene, ha chiuso la serata come voleva».

 









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