#TERNITTI - MARIO DESIATI

 



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le mani sulla sua faccia, passò le nocche delle dita sulla guancia per saggiare lo spessore della barba, si diedero un bacio profondo.


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Ma la notte passò, in una distesa di gesti mancati, in una semplice ma memorabile stretta di mano, un intreccio di nocche, dita e pelle che fu la prima notte d'amore di Ippazio e Mimi. 


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Mimi annusò a lungo l'odore amaro del suo ragazzo. "Il mio ragazzo" pensava e si convinceva. Poi nell'oscurità sentì le labbra fredde sulle sue, una pellicola calda e granulosa come la buccia d'un frutto cotto che faceva capolino, strinse i denti e non fece entrare la lingua, ma tenne le labbra aperte portandosi in bocca il sapore di Ippazio, il suo primo bacio.


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«Sono io, amore.» E quando senti la parola "amore" avverti nella carne le tagliole appuntite di una trappola.

Passarono pochi secondi, un tempo sufficiente soltanto a legare la parola "sopravvivenza" alla parola

"impulso", nessuna ragione, nessun pensiero, nessun vaglio delle proprie azioni, ma solo l'abisso che nascondono gli animali selvatici, l'indole che abitava Mimi.


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Gli specchi col tempo diventano cattivi, si curvano e riflettono immagini distorte, corrompono la bellezza e caricaturizzano i difetti. Lo specchio incastrato nell'anta di un armadio di legno aveva pietà solo di Mimi, abbronzata dentro un vestito giallo teso sino alle ginocchia, i capelli raccolti in una coda corvina e brillante come fosse stata ripassata da una mano di vernice nera.


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La musica prosegui e Mimi iniziò a ciondolare con gli occhi chiusi e la testa bassa, ogni tanto la rialzava e puntava lo sguardo verso gli occhi dello straniero.

L'uomo sorrideva a tutta la platea e forse non notò subito che la donna dalla pelle bruna, l'abito giallo che nella penombra s'impregnava di un riflesso dorato, lo stesse cercando. Quando fini l'ultimo pezzo Mimi, con la spudoratezza che affondava le sue radici nel cuore

temerario, si avvicino.

«Come ti chiami?»


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È l'aurora. Le onde sembrano mustacchi bianchi, deflagrano contro la riva. La caletta di sabbia a Leuca ha riverberi azzurri e rosacei. Le colline trapuntate di ville feudali sono a strapiombo sulla baia, qui il mare sembra aver guadagnato terra.


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..ma per chi è di indole compassionevole, oppure sensibile, l'anima non può avvolgersi in un carapace. Scegliere. E se non si sceglie vincono le convinzioni maturate, le abitudini indurite. Nuotare seguendo la corrente. Ma che gusto c'è a farsi trascinare? Per Mimi la vita era nuotare contro il flusso. L'appagamento stava nella strada che si è fatta contro la corrente del corso degli eventi.


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Il mare era trapuntato da una coperta di minuscoli bagliori, i luccichii del sole d'aurora, l'ombra corse nell'orizzonte della battigia, l'uomo rimase silente. Non la chiamò ad alta voce, gli mancò il fiato e forse l'audacia.

E un'altra storia era finita.


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La donna con il calice di prosecco rise, aveva la schiena nuda, i capelli neri sciolti sulle spalle, e nella luce scintillavano i suoi occhi dipinti. Gli uomini la osservavano senza farsi vedere; mentre lei rideva, chiudeva le palpebre e solo allora qualcuno la guardava dritta dalle scarpe sino alle chiome. Senza paura.

Era Mimi.


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La gentilezza si esercita con lo sguardo, col tono della voce, ed è uno stato dell'anima che si instaura tra due animali innamorati oppure tra due esseri umani che hanno la naturale predisposizione verso la grazia delle cose. Grazia. Una caratteristica che uomini non necessariamente colti, ma dotati, sì, di intelligenza,

esercitano senza sforzo.


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Per Mimi quel bacio patibolare che occupava una piccola parentesi in una lezione di storia, era la chiave profonda della relazione tra due amanti.

Il bacio, l'incastro di sapori, le lingue asciutte per l'emozione che si cercavano tra le fessure dei denti, sul palato, e poi fino alla gola, quasi a soffocarsi, erano lei.

L'uomo condannato a morte e l'armoniosa ragazza sull'onda della folla erano lei.

La donna e l'uomo erano il sapore immenso del primo bacio notturno con Pati. Un gesto che in tutta la sua vita era incastonato in una teca di cristallo, un luogo personalissimo e riservato della memoria.


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Il giovane operaio non aveva il talento visionario di Pati, ma un giorno, tornato dal ternitti, aveva dichiarato che le nuvole viste lassù assomigliavano alla schiuma del vino fermentato. E con l'odore del mosto che muta in vino e la schiuma color ruggine che abbaglia gli occhi, Mimi si invaghi.


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Le labbra di Mimi non erano un monogramma misterioso, non erano un'eclissi di luna, i suoi seni non erano camelie tra le mani della notte e le gambe non erano scontro di due folgori, esplosioni al magnesio.

Anche se qualche volta, quando si dipingeva con il rossetto e tirava baci allo specchio, lasciava sul riflesso l'alone di un sigillo reale, una delle onorificenze scarlatte di fronte alle quali viene voglia di levarsi il cappello. Mimi non era donna da essere amata dai poeti.

Era troppo umana e troppo reale per essere trasfigurata da qualche scribacchino. Non era donna che poteva consegnarsi a qualche verso. A volte nulla per una donna è più offensivo di una poesia.

Questa era Mimi


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C'è una bellezza, nella vita, che dura un lampo. Giunge per una sola volta, è un momento inatteso. È un'armonia che si deposita sugli occhi, nelle increspature del viso, o in un modo di muoversi. Ad alcuni succede nell'adolescenza, ad altri quando si invecchia e i capelli sono diventati grigi.


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poi andò in camera e si lasciò scivolare i vestiti come se fosse stata un manichino. Era ritta e ferma, si mise sulle punte dei piedi e iniziò a scuotersi per scrollarsi l'abito, farsi accarezzare dalla stoffa e pungere la pelle che si era indurita per il freddo.


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I segreti hanno un loro tempo. Alla maniera delle domande, appunto.

Maturano e cadono solo quando sono buoni, un attimo prima di marcire, come i cedri del giardino.


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A volte ci sono occhi negli abissi che assomigliano agli sguardi dei naufraghi e che restano ben aperti sul fondo del mare, gli stessi di un'ignota forestiera che nuotava all' Assunta con la luna fosca, sola e senza costume e che non fece mai più ritorno.


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Quanta follia aleggiasse in quella sera di fine estate nessuno potrà mai saperlo, ma certo, si percepiva il capogiro di certi sguardi, gli aneddoti maliziosi e la voglia, la voglia che qualcosa accadesse. L'aria era bagnata, una patina oleosa di condensa che si depositava infida sui parabrezza creando una foschia simile a un fumo termale. 


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In ogni coppia esiste un codice, le regole sono tante, insondabili e con mille sfumature. Ma esiste anche un registro delle parti che si scrive da solo, un canovaccio dove i ruoli di vittima e carnefice, spalla e vedetta, comprensivo e incompreso, si susseguono in una diagonale di atteggiamenti quotidiani. Il miracolo tra Pati e Mimi si consumava su questa frequenza, nel remoto luogo in cui gli atteggiamenti all'esterno possono sembrare imperscrutabili, folli o addirittura, a volte, idioti. E in questo irrinunciabile diritto alla reciproca stupidità affondava un prodigio. 


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Il silenzio durò pochi istanti.

Il sorriso bianco si tramutò in una risata, e i fiammiferi divennero una poltiglia tra le dita bagnate di Pati. Non era più lui, la sua anima era pronta, la foschia svanì dal petto come la benzina dai vestiti; a volte si ereditano i significati dei propri nomi e il valore dei propri luoghi, entrano nel sangue irruenti simili a un travaso. Ma lui capì di aver ereditato da Mimi una passione. E la passione è contagio felice, un germe trasmesso da chi si ama.




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