#SPATRIATI - MARIO DESIATI
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Sognavo che mi guardasse come un estraneo o un forestiero che la incuriosiva, sognavo che mi prendesse la mano come quando entravamo nel
mare. Ma lei aveva maturato una nuova forma d'amore: la complicità.
Pag.120 con molto piú freddo nelle ossa, il sole s'era nascosto oltre una nuvola nera, o forse era soltanto cominciata presto la sera come succede in inverno.
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Le parve un vero addio, «perché l'Italia è una terra che comincia col maree finisce nelle montagne», mi scrisse prima di annunciarni che sarebbe partita, verso un Nord ancora piú a nord di dov'era stata tutti questi anni, dove sciamavano i nuovi italiani di ventura: Berlino. E anche se fosse stata Atlan-tide, l'isola dei Feaci o Marte, io non avrei mai smesso di inseguirla.
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Avevo baciato una donna piú grande, un'insegnante che mi somigliava, quando parlavo sembrava assentarsi. Trovavamo nei nostri incontri una pausa dal resto della vita.
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A volte si leggono libri solo per sapere che qualcuno ci è già passato.
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..definiva la nostra attitudine a vivere in altri mondi, a immaginare storie impossibili, una parola che nella lingua italiana non esiste non attraverso perifrasi o locuzioni.
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Come chiamarlo questo prodigio, questa relazione che c'eravamo inventa-ti? Come chiamare il nostro istinto comune, quella forza solidale che ci faceva annusare i pensieri l'uno dell'altra?
Era molto piú sottile e sofisticato dell'innamoramento, era una nazione libera e indipendente, e non aveva nome.
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incurante degli sconosciuti che correvano verso le porte del tram. Partí dalle sopracciglia, poi gli occhi, scese sugli zigomi, succhiò il naso e le labbra appena schiuse, il mento, portandosi in bocca un sapore maschile che non aveva mai sentito: giovinezza, pietra, ferro. Claudia lo sentiva nelle narici e nella bocca. Ebbe un incontrollato desiderio di mischiarsi alla sua purezza, smaliziarlo e restarne contaminata.
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Era una dichiarazione d'amore, nello specchio ci guardavamo come se quelli riflessi non fossimo noi.Per un secondo avevo creduto a un primato con la stessa esaltazione degli esploratori che arrivano in un luogo sconosciuto.
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ma non esiste una vera felicità se non può essere condivisa con qualcuno.
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Dentro quell'acqua calda sentii la sua mano attraversare
il poco spazio che ci divideva, mi accarezzò tra le gambe
emise un singulto breve e strozzato, eravamo lontani dagli altri visitatori delle terme. Il piacere ha un colore «il nostro era il bianco, come il marmo contro il quale le premevo le ossa; era neve, latte, calce. Pensai alle pietre del mio paese, che in estate sono accecanti. La calce dinfetta i palmenti, monda i sottani e i coni dei trulli.
Eravamo un unico corpo. Nessuno lí poteva sapere che provenivamo da un paese dove dipingere con la calce si dice «allattare», perché gli allattatori nutrivano le pietre per fortificarle, davano loro il latte come le madri ai figli.
Quel nostro amore era la calce con cui avevamo nutrito la speranza della felicità, la piú illusoria e menzognera forma di dipendenza umana.
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Da lei imparavo che il caos vince sempre, ma dargli una forma il piú a lungo possibile produce quel che a quasi quarant'anni guardiamo con orgoglio: un figlio o un albero piantato, un libro, un viaggio, una fotografia, una degna sepoltura a chi hai amato.
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A pochi è dato capire cosa significhi piangere per un amore che resta, invece che per un amore perduto. Il pericolo scampato, l'essersi salvati da un precipizio. Solo a pochi eletti capiterà di piangere insieme: dopo un orgasmo, dopo pagine di romanzi lette ad alta voce.
DESIATI


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