#STORIE DI ORDINARIA FOLLIA - CHARLES BUKOWSKI
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Era come uno spirito incastrato in una forma che però non riusciva a contenerlo. I capelli neri e lunghi, i capelli di seta, si muovevano ondeggiando e vorticando come il corpo volteggiava. Lo spirito, o alle stelle o giú ai calcagni. Non c'era via di mezzo, per Cass. C'era anche chi diceva ch'era pazza. Gli imbecilli lo dicevano.
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L'avevo conosciuta a un party sotto Natale, pei dipendenti del magazzino. Lei lavorava là da segretaria. Notai che nessuno le andava vicino, alla festa, e non riuscivo a capire perché. Non avevo mai visto una donna piú sexy, e non è che facesse la stronza. Mi feci avanti, ci mettemmo a chiacchierare. Bellissima, era. Ma ci aveva un nonsoché di strano, negli occhi. Ti guardavano fisso fisso, senza battere le palpebre.
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"prendimi anche della birra e dei sigari. ho bisogno di dimenticare”
uscí. la sentii tacchettare pel vialetto. era quanto di meglio avessi trovato in fatto di donne e l'avevo trovata in un bar. m'allungai su una poltrona, a fissare il soffitto. un barbone, ecco cos'ero. un vagabondo. senza mai la voglia di lavorare, sempre in cerca di fortuna. quando Kathy tornò la pregai di riempirmi il bicchiere. lei mi capiva, mi accese pure un sigaro, dopo aver levato via il cellofan. aveva un'aria buffa. era in gamba. ci saremmo consolati, a far l'amore. che tristezza però, veder tutto andare in fumo: l'auto, la casa, il cane, anche la donna. era la vita pacchia che finiva.
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"tu ancora non ti sei resa conto, con chi stai. Io ho classe, sono un uomo di classe. ho 34 anni e, in vita mia, avrò lavorato in tutto sei-sette mesi. e non è che vivo di rendita. guarda le mie mani! ci ho le mani da pianista."
"classe? ti dovresti sentire quando sei ubriaco! sei tremendo, tremendo!"
"hai mica voglia di litigare, Kathy? io t'ho mantenuta sempre a pellicce e a liquori di marca, da quando t'ho tirato fuori da quella filanda di Alvarado Street."
Kathy non rispose niente.
fatto sta,
dissi,
che io sono un genio ma nessuno lo
sa tranne me.
"io ti credo," essa disse. e affondò la faccia nel guanciale e si riaddormentò.
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Andai di là in cucina, trovai una bottiglia di buon vino francese, delle acciughe, delle olive farcite. Portai tutto di là, m'apparecchiai sullo zoppicante tavolinetto da tè.
Mi versai un bicchiere di vino bello colmo. Poi andai alla finestra, da cui si dominava il mondo e l'oceano. L'oceano mi sta bene: seguita a fare quel che ha sempre fatto. Tracannai il vino, ne versai un altro, mangiai un po' di roba. Ero stanco, alla fine. Mi spogliai, mi sdraiai sul letto di André, nel mezzo.
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"non lo so. forse ho paura. paura d'ogni cosa. cioè della gente, dei palazzi, delle cose, di tutto. specie della gente."
"anch'io ho paura," disse lei.
"ma tieni gli occhi aperti. mi piacciono i tuoi occhi."
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Mi ricordai qualcosa che avevo letto in un libro, un antico libro cinese:
"Preferiresti essere ricco o essere un artista?"
"Ricco, perché l'artista, a quanto pare, va sempre a battere alla porta del ricco.
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scagliai il bicchiere contro il muro e poi tornai a casa con la donna. ero ferito. lei era bella. ci ficcammo a letto. mi ricordo che una pioggia leggera entrava dentro, dalla finestra. lasciammo che ci piovesse addosso. era bello. era cosí bello che facemmo l'amore due volte e, quando ci mettemmo a dormire, ci addormentammo con le facce rivolte alla finestra e ci piovve addosso tutta la notte e l'indomani mattina le lenzuola erano zuppe e noi ci alzammo starnutendo e ridendo.
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l'uomo con la cucina sempre in ordine è, invece, un maniaco. diffidatene. lo stato della sua cucina e quello della sua mente coincidono: costui, cosi preciso e ordinato, si è in realtà lasciato condizionare dalla vita e la sua mania per l'ordine, dentro e fuori, è solo un avvilente compromesso, un complesso difensivo e consolatorio. basta che l'ascolti per dieci minuti e capisci che lui, in vita sua, non dirà mai altro che cose insensate e noiose. è un uomo di cemento.
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La donna era arrivata all'ufficio postale, vi entrò. Io dietro.
Allo sportello c'era una fila di cinque-sei persone. Era un pomeriggio tiepido, piacevole. Tutti avevano un'aria sognante.
Io certamente sí.
Mi trovo a meno di un palmo da lei, pensai. Potrei toccarla con la mano.
Fece un vaglia da 7 dollari e 85. Udi la sua voce. Perfino la sua voce aveva un nonsoché di peccato carnale. Se n'andò. lo comprai alcuni francobolli che non mi servivano. Poi corsi fuori. Essa stava per salire sull'autobus. Spiccai una corsa, riuscii a prenderlo per un pelo. Trovai un posto dietro di lei.
Percorremmo un lungo tragitto. Si sarà certo accorta che la seguo - pensai - eppure non si mostra a disagio. Aveva i capelli biondo-rossicci. Tutto in lei era di fuoco.
Dovevamo aver fatto ormai cinque-sei
chilometri. D'un
tratto essa si alzò e tirò il cordone per chiedere la fermata.
Quel gesto fece salire un po' su il suo vestito attillato.
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non so cosa ne sarà di noi. ci occorre un sacco di fortuna. e la mia è cattiva, ormai da tempo. e il sole si avvicina. e la Vita, per brutta che paia, vale altri due tre giorni. penso che ce la faremo?
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benché non conoscano le tue idee, i tuoi processi mentali, questi esseri nocivi e molesti sentono, per intuito, di non andarti a genio: ma questo li eccita. e poi si rendono vagamente conto di che tipo sei tu: tu sei uno che, fra far del male o subirne preferisci la seconda alternativa; ebbene, le pesti sono ghiotte delle parti migliori dell'umanità: loro sanno dov'è la carne piú buona.
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forse però bisogna riconoscere che tutti noi qualche volta siamo stati la peste per qualcuno, senza rendercene conto. è un pensiero assai deprimente, ma purtroppo dev'essere proprio cosí. quest'idea può aiutarci a sopportare la peste. in fondo, non c'è nessun uomo al 100 per cento sano. tutti abbiamo varie forme di pazzia e di bruttezza, delle quali non siamo coscienti, ma di cui gli altri sono consapevoli. se ci pensi su fitto, non campi piú.
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com'è vero che chi non risica non rosica, è anche vero che piú arrischi e piú ottieni. qualsiasi attività creativa complessa (dipingere, scrivere poesie, svaligiare banche, fare il dittatore e cosí via) ti conduce al punto in cui pericolo e miracolo sono come fratelli siamesi, raramente arrivi al traguardo, ma durante il tragitto hai modo di trovare la vita interessante, è bello andare a letto con la moglie d'un altro ma, lo sai, un giorno o l'altro sarai colto con le braghe calate. ciò serve a rendere il fatto piú piacevole. i nostri peccati vengon fabbricati in cielo per creare il nostro inferno, di cui evidentemente abbiamo bisogno. diventa bravo in qualsiasi campo, e ti crei subito dei nemici. i campioni vengono innalzati affinché la folla provi poi maggior gusto a vederli rotolare, battuti, fra la merda, e gode a subissarli di fischi. gli stolti perlopiú la fanno franca.
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l'anima libera è rara, ma quando la vedi la riconosci: soprattutto perché provi un senso di benessere, quando gli sei vicino.
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Quegli occhi: assorbivano e esprimevano ogni cosa. Era animalesca, lei, oltre che umana.
"Non voglio che te ne vada," mi disse.
"Vuoi che entri a far parte del tuo zoo?"
"Sí."
"Ma sono un essere umano, io, sai."
"Però sei incontaminato. Non sei mica come loro. Hai ancora qualcosa che si muove, tu, dentro. Loro sono induriti, perduti. Ti sarai merso, ma indurito però no. Ti occorre
solo di venir trovato."
"Ma può darsi che io sia troppo vecchio per essere...
amato come gli altri animali del tuo zoo."
"Non... non lo so... mi piaci molto. Perché non resti?
Forse ti troviamo...
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ognuno ha i suoi lati buoni, io sono un solitario ma non eccentrico a tal punto, però c'è sempre sempre... qualcosa. ripenso al vecchio detto di mia madre in tedesco, non ricordo di preciso, ma qualcosa cosí: "emmer etvas!" che vuol dire: sempre qualcosa.
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Quando mi trovo in mezzo alla gente, mi sento a disagio. Essi parlano, hanno entusiasmi per cose che non mi riguardano. Eppure è proprio quando sono con gli altri che mi sento piú forte. Ragiono cosí: se essi esistono, sia pure in modo frammentario, allora esisto anch'io. Invece quando sono solo non ho altri termini di paragone che me stesso e le mie quattro mura, me stesso e il mio respiro, la mia storia, la mia fne... ed è allora che cominciano a succedere le cose strane.
Sono un debole, è evidente. Ho provato ad aggrapparmi alla
bibbia, alla filosofia, ai poeti, ma, secondo me, tutti costoro sono fuori tema. Parlano completamente d'altro. Quindi ho smesso ormai da tempo di leggere. Ho trovato un po' d'aiuto nel bere, nel gioco d'azzardo e nel sesso, e in questo mi sono comportato come tanti altri nel consorzio civile: l'unica differenza, che a me non importava di "arrivare,"
aver successo,
farmi una famiglia, una casa, aver un lavoro rispettabile e cosí via. Quindi non ero né un artista, un intellettuale; né un uomo comune con le sue brave salde radici; bensí una via di mezzo, come uno sospeso nel vuoto. E credo, sí, che questo sia l'inizio della follia.

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