#SETA - ALESSANDRO BARICCO
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Era una donna alta, si muoveva con lentezza, aveva lunghi capelli neri che non raccoglieva mai sul capo. Aveva una voce bellissima.
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La Francia, i viaggi per mare, il profumo dei gelsi a Lavilledieu, i treni a vapore, la voce di Hélène. Hervé Joncour continuò a raccontare la sua vita, come mai, nella sua vita, aveva fatto. Quella ragazzina continuava a fissarlo, con una violenza che strappava a ogni sua parola l'obbligo di suonare memorabile.
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Lei leggeva un libro, ad alta voce, e questo lo rendeva felice perché pensava non ci fosse voce più bella di quella, al mondo.
Compì 33 anni il 4 settembre 1862. Pioveva la sua vita, davanti ai suoi occhi, spettacolo quieto.
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Hervé Joncour sentì l'acqua colare sul suo corpo, sulle gambe prima, e poi lungo le braccia, e sul petto.
Acqua come olio. E un silenzio strano, intorno. Sentì la leggerezza di un velo di seta che scendeva su di lui.
E le mani di una donna che lo asciugavano accarezzando la sua pelle, ovunque: quelle mani e quel tessuto filato di nulla. Lui non si mosse mai, neppure quando sentì le mani salire dalle spalle al collo e le dita - la seta e le dita - salire fino alle sue labbra, e sfiorarle, una volta, lentamente, e sparire.
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La notte prima di partire, accadde a Hervé Joncour di svegliarsi, quando ancora era buio, e di alzarsi, e di avvicinarsi al letto di Hélène. Quando lei aprì gli occhi lui sentì la propria voce dire piano:
- Io ti amerò per sempre.
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Per mille volte cercò gli occhi di lei, e per mille volte lei trovò i suoi. Era una specie di triste danza, segreta e impotente. Hervé Joncour la ballò fino a tarda notte, poi si alzò, disse qualcosa in francese per scusarsi, si liberò in qualche modo di una donna che aveva deciso di accompagnarlo e facendosi largo tra nuvole di fumo e uomini che lo apostrofavano in quella loro
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Hervé Joncour non aveva mai visto quella ragazza, né, veramente, la vide mai, quella notte. Nella stanza senza luci sentì la bellezza del suo corpo, e conobbe le sue mani e la sua bocca. La amò per ore, con gesti che non aveva mai fatto, lasciandosi insegnare una lentezza che non conosceva. Nel buio, era un nulla amarla e non amare lei.
Poco prima dell'alba, la ragazza si alzò, indossò il kimono bianco, e se ne andò.
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Il pianista suonava, con la sordina, motivi che sapevano di Russia. Forse era la vecchiaia, forse qualche dolore vigliacco: alla fine di ogni pezzo non si passava più la mano destra tra i capelli e non mormorava, piano,
- Voilà.
Rimaneva muto, a guardarsi sconcertato le mani.
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- Noi non ci vedremo più, signore.
Disse.
- Quel che era per noi, l'abbiamo fatto, e voi lo sapete. Credetemi: l'abbiamo fatto per sempre. Serbate la vostra vita al riparo da me. E non esitate un attimo, se sarà utile per la vostra felicità, a dimenticare questa donna che ora vi dice, senza rimpianto, addio.
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Mai gli era sembrata così grande: e mai così illogico il suo destino.
Poiché la disperazione era un eccesso che non gli apparteneva, si chinò su quanto era rimasto della sua vita, e riiniziò a prendersene cura, con l'incrollabile tenacia di un giardiniere al lavoro, il mattino dopo il temporale.

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